Ospedale
Ieri
Quando suor Tiziana comincia ad occuparsene, l’ospedale di Alépé è una struttura estremamente carente: 70 posti letto, di cui 15 riservati alla maternità, a servizio di 36 villaggi ed una utenza di 150mila persone, dove nascono circa 1.500 bambini l’anno. Niente servizi diagnostici, né tanto meno specialistici, niente sala operatoria, niente radiologia. Il materiale da laboratorio è poco e obsoleto, i medicinali non sono sufficienti. Un ospedale in queste condizioni deve gestire circa 7mila ricoveri e 14mila consultazioni l’anno, con due soli medici, di cui uno è proprio suor Tiziana.
Il miracolo
Con un fondo di 100 milioni di lire, suor Tiziana si presenta nel 1995 a don Giacomo Bravo, responsabile del Centro Missionario Diocesano di Vicenza. Poca cosa, per un progetto che sfiora il miliardo di lire.
Ma la Provvidenza vigila su chi crede in Lei. Pierangelo Guidagli, architetto italiano che vive in Costa d’Avorio, si occupa gratuitamente della progettazione e delle procedure burocratiche per eseguire i lavori. Lo Stato Ivoriano mette a disposizione il terreno, parte delle apparecchiature è fornita dal governo giapponese. E tanti, tanti vicentini danno il loro contributo per la realizzazione dell’ospedale: dalla Curia ai privati alle strutture sanitarie.
Oggi
Sabato 13 dicembre 2003 viene inaugurato il nuovo ospedale generale di Alépé, che viene ufficialmente consegnato allo Stato Ivoriano.
Conta 120 posti letto e reparti di chirurgia, maternità, pediatria, medicina.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità lo sceglie per un progetto pilota di prevenzione della trasmissione dell’infezione dell’Aids da madre a figlio al momento della nascita.
In Costa d’Avorio il 12% della popolazione è infatti sieropositiva, la più alta percentuale al mondo.
Grazie a questo progetto si passa in soli due anni dal 25% di casi di contagio da madre a figlio al 5%.
Ma il progetto ha bisogno di fondi.
E lo stesso ospedale non può vivere del solo ticket dei malati, che sono poverissimi.
Mancano la lavanderia, per garantire igiene, e la cucina, per offrire un pasto ai malati, cui oggi provvedono i parenti. Mancano attrezzature e medicinali.
Tanto è stato fatto e tanto rimane da fare: noi non possiamo che continuare a contribuire con tante piccole gocce di solidarietà.